domenica 18 luglio 2010

don't stop




Immaginate di essere nell’ombelico del mondo nel momento in cui il mondo intero sta proprio guardando da quella parte.
Siete pigiati insieme ad altri 35 mila comici spaventati guerrieri; fa freddo, molto freddo - è novembre - e voi siete poco vestiti.
BOOOOOOOOOOM
È il cannone. Inizia la battaglia e inizia anche la festa: sale l’urlo della folla e quelli che come voi sono nel mezzo del gruppo iniziano, forse prematuramente, a togliersi le vecchie tute che hanno addosso e a gettarle a terra dove saranno raccolte per metterle a disposizione dei barboni della città. Da lontano vedete lo striscione con scritto START ma ci vorranno 11 minuti di saltelli e pigiapigia per raggiungerlo. Quando passate sotto lo striscione innumerevoli bip di cronometri che vengono avviati non riescono a superare il volume smodato degli altoparlanti che mandano una canzone dei Rolling Stones che vi rimbalzerà nella testa per le prossime ore: don’t stop dice la canzone. Adesso sembra soltanto una scaramanzia ma fra qualche ora sarà una litania che vi ripeterete di continuo.
La canzone si allontana poco a poco ed entrate in un mondo parallelo di silenzio irreale: siete sospesi a 70 metri sopra l’oceano da cui soffia un vento gelido che non promette niente di buono. State correndo e per giunta in salita; il respiro è ancora affannoso e ci vorrà un po’ perché diventi regolare. Siete svegli dalle 6 di mattina e avete dovuto aspettare al freddo per almeno un paio d’ore se non tre: è ovvio che la cosa principale che il vostro organismo vi chiede è di fare pìpì. Raggiungete la cima della salita e qui vi accorgete di due cose: i grattacieli che vedete lontanissimi sono a meno di venti km quindi dovrete arrivare là e molto oltre! La seconda cosa è che anche tutti gli altri accanto a voi hanno più o meno la stessa fisiologia e quindi stanno facendo pipì OVUNQUE: sui bordi della strada, dietro ai lampioni, in MEZZO alla strada. Uomini e donne, riparati o in piena luce del sole: la strada diventa un allegro torrentello giallo paglierino intorno al quale la vergogna non esiste!! E allora fate anche voi i vostri bisogni in un tripudio di risate e continuate a correre. In discesa per fortuna.
Il respiro comincia a farsi regolare per voi e tutti quelli intorno a voi.
Il ponte finisce e il volume della festa sale di colpo: TUTTA la città si è fermata per guardarvi passare e nessuno intende far passare la cosa sotto silenzio. Ogni isolato ha la sua orchestrina o il suo striscione di incoraggiamento in un quartiere dove normalmente sareste intimoriti a girare dentro un autoblindo. Oggi invece i ragazzini e le grasse signore si sporgono dai marciapiedi per offrirvi un high five e gridare il vostro nome (ecco perché si sono tutti scritti il nome sul petto!: “com’on John”; “go Mary go”; “daje Pippo facce sognà”).
Dopo un po’ vi spostate in mezzo alla strada perché avete la mano dolorante a forza di dare 5 a tutti! Va bene la festa ma qui c’è un lavoro da fare!
Siete su una strada a 6 corsie e ogni tanto qualche corridore sale sullo spartitraffico centrale per fermare il mare di folla su una fotografia che farà vedere ai nipotini. Certo che però portarsi dietro una macchina fotografica mentre si corre! Ci vuole una bella voglia.
Meglio non parlare di strane voglie visto che sapete, per certo, che fra un po’ vi chiederete chi diavolo ve l’ha fatto fare ad essere lì…

Per adesso tenete il passo che riuscite e state bene attenti a non perdervi neanche un rifornimento. In TV dicono sempre che bisogna bere spesso, prima che venga sete, e mangiare le famose maltodestrine. Sembra di sentire la voce di san Bragagna (la guida spirituale di noi tutti) mentre parla interrompendo il fido Monetti cercando di chiamare via radio Orlando Pizzolato il quale, da parte sua, porta avanti una tradizione pluridecennale di commentatori RAI con la radio che non funziona…
Si gira e si volta e i grattacieli si avvicinano. Una signora offre banane a tutti: potassio che fa bene; giù anche quella!


Si passa in mezzo a capannoni portuali e poi la strada inizia a salire su rampe autostradali:
META’ STRADA.
Il fiato è buono ma le gambe un po’ meno. Salite le rampe di un altro ponte, altissimo, sembra l’Everest, e quando siete in alto, sospesi sopra il mare, ritrovate per un po’ il silenzio rotto solo dal rumore dei passi e potete anche godervi il paesaggio; il piano superiore del ponte ritaglia il paesaggio come se foste in un quadro.
Diavolo! Se aveste avuto una macchina fotografica con voi!
Là in basso si vedono i palazzi in cui si decidono le sorti del mondo e più in là quelli dove si decide il tasso di interesse che renderà il vostro conto in banca e più in là ancora un grande vuoto che sembra raccontare del senso della vita e della morte: state per entrare di corsa nel cuore pulsante della civiltà occidentale. Il ponte è quasi finito e siete ancora alti in mezzo ai palazzi; sembra esserci ancora un gran silenzio, solo pochi poliziotti a guardare i corridori ma in realtà vi arriva un brivido…. Un segnale dal subconscio che qualcosa sta per succedere.
Scendete una strada ripida,
fate un’inversione
iniziate a vedere un po’ di spettatori che si assiepano sui marciapiedi
svoltate a sinistra
e qui succede:
tutto improvvisamente diventa chiaro: perché siete lì, perché i greci hanno inventato le olimpiadi, perché la gente va allo stadio la domenica, perché pochi eletti spendono la loro vita in allenamenti massacranti per meritarsi di partecipare ad una gara che, magari, viene bruciata in meno di dieci secondi.
Tutto questo solo per sentire l’urlo della folla quando si entra in uno stadio da protagonisti.
Qui lo stadio si chiama first avenue ed è un allucinante rettilineo di più di cinque chilometri in cui migliaia e migliaia di persone incitano voi e i vostri vicini senza sosta urlando cantando e sventolando bandierine. La strada è larga 6 o 8 o forse 20 corsie e sembra scivolarvi sotto i piedi senza che siate voi a dover fare la minima fatica.
Ma tutti i bei sogni finiscono e il rettilineo magico finisce su di un ponte, due curve, e un altro ponte, giusto per dire che siete veramente stati in tutti e cinque i quartieri della città, e così tornate indietro, su una strada parallela (la quinta) che, oltre a venire dopo trenta e passa km che state correndo, sembra pure un po’ in salita (ma forse è una vostra impressione…)
In uno stato di semincoscienza cercate disperatamente con lo sguardo gli alberi che dovrebbero stare nel parco che è in cima alla via. Arrivano abbastanza presto ma poi non finiscono mai. Cercate dei punti di riferimento e aspettate di passare accanto al museo più bello del mondo, ma proprio quando iniziate ad intravederlo vi fanno svoltare dentro al parco: sbirciate a sinistra per intravedere qualche quadro della cara amica Peggy e a destra vi sognate Dustin Hoffman che, in il maratoneta, corre contromano intorno al lago della Riserva.
Il parco è un incubo. Salite e discese e poi ancora salite e proprio di fianco al cartello che dice 40 sentite il crampo maledetto bastardo schifoso che vi sta per partire nel polpaccio. NO! ADESSO NO!
Rallentate. E’ ancora lì. Sapete che, oltre a fermarvi (e non se ne parla proprio: cosa dicevano gli Stones?) c’è un solo modo maledetto e schifoso per farlo passare ed è quello di accelerare un pochetto. Poco poco. Piano piano.
I muscoli cambiano un po’ posizione e si stirano ma i polmoni bruciano.
Ecco il Plaza. In quanti film l’avete visto!
Fuori dal parco. Vi trovate in mezzo ad una strada dove sarebbe giusto trovarci solo automobili, anzi solo taxi gialli guidati da De Niro che vi chiede “Hei amico, dici a me?”.
Eppoi arriva Columbus Circle dove un paio d’ore fa è sicuramente partita la volata del vincitore. Lui sarà stato più felice di voi di vedere il traguardo?
Di nuovo nel parco e una curva una salita, un’altra… MA DOVE DIAV…
Eccolo!!
Lo striscione: un sospiro. Alzare le braccia non è un gesto volontario. E’ quasi uno spasmo dei crampi che stanno per sopraffarvi. Altri 7 passano lo striscione nello stesso secondo in cui lo fate voi e mucchi di ragazzi si prendono cura di tutti; la coperta argentata (faceva freddo?), la medaglia (questa per togliervela dal collo dovranno spararvi) e la stretta di mano: “Great job”. A questi americani puoi dire tutto ma non che non sanno fare spettacolo!
Continuate ad allenarvi: al prossimo novembre mancano solo 12 mesi!

Ogni anno, la prima domenica di novembre, si corre la maratona di New York, sulla distanza classica di Km 42,195. L’organizzazione riesce ad accettare ogni anno un numero un po’ più grande di corridori. Nel 2008 i partecipanti sono stati 40000 circa ma le domande di partecipazione sono state più di 100mila.

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