mercoledì 10 dicembre 2014

la vita senza zoe

La vita senza Zoe è un cortometraggio diretto da F.F. Coppola nel 1989 e sceneggiato con l'aiuto della figlia Sophia allora sedicenne. Si tratta di una breve favola newyorkese di soave leggerezza che prende il senso da un gioco di parole dovuto al significato di Zoe, che è il nome della protagonista, ma che in greco antico significa a sua volta “vita”, o meglio ciò che dà senso alla vita.

Pochi giorni fa mi ero stancato di convivere con  una penuria di biscotti a colazione ed ho organizzato una spedizione per fare scorta presso uno spaccio goloso poco fuori città. Ho usato l'offerta che mi era arrivata da uno dei car.sharing disponibili a Milano e ho prenotato la mia prima automobile elettrica: Zoe.






Beh, sarò un animo semplice, ma al pensiero mi si allarga ancora il sorriso sulla faccia.

E' come usare un videogioco di corse automobilistiche con tutti gli aiuti inseriti.
Acceleratore, freno, sterzo e una coppia da motocicletta da sbandierare orgogliosamente in mezzo al poco traffico festivo grazie alle numerose e vistose scritte sulla carrozzeria. L'autonomia alla consegna era di 80 km e, considerata la guida allegra, la vedevo consumarsi più rapidamente della strada. Ovviamente questo è il limite delle automobili elettriche: hanno un'autonomia che permette di usarle solo in città; ma visto che solo un folle usa un'automobile in città (vd. comma 22) sono ancora dei mezzi senza senso. Io però sono riuscito ad usarla su un tratto di autostrada. All'inizio ci sono rimasto molto male perché lo spunto che sembrava infinito mi si fermava a 90 manco fossimo negli USA (sensazione nota come acceleratio interruptus). Poi ho scoperto che schiacciando il tastone ECO si spegneva la corrispondente lucina sul cruscotto e si poteva utilizzare l'intervallo da 90 a infinito. In questa sede pubblica vi basti sapere che in qualche breve tratto ho superato i 90.... (i dati ufficiali dicono che si raggiunge velocità curvatura in pochissimi secondi).
Sempre con il sorriso ed il bagagliaio pieno di biscotti sono rientrato in città e sono arrivato alla palina vicino a casa mia dove avrei dovuto riconsegnare la vettura e collegarla alla rete elettrica per la ricarica.

Ecco: il parcheggio riservatissimo ai veicoli elettrici era occupato da un pistola endotermico. Il ragazzo dell'assistenza mi ha detto che capita in continuazione. Ho dovuto parcheggiare lì accanto e poi ci avrebbero pensato loro ad andare a ricaricare la vettura che però non avrebbe più potuto essere utilizzata da qualcun'altro.

Per questo ho pensato che viviamo una vita senza Zoe perché non ce la meritiamo.
Tristezza.

domenica 30 novembre 2014

comunita solari




Il problema maggiore che le istituzioni europee si trovano a dover affrontare riguardo al contenimento dei consumi energetici degli edifici, consiste nello smisurato patrimonio di case private estremamente inefficienti e nella difficoltà di stimolare ogni singolo utente ad investire denaro proprio per apportare dei miglioramenti che verranno ammortizzati in un lungo periodo di tempo. Ci sono molti progetti-pilota e altrettante campagne di sensibilizzazione in corso, ma in pochi Paesi si riesce a fare la differenza.

Il sole 24 ore descrive un esperimento italiano che ancora una volta dimostra che essere individualista fa guadagnare gli altri mentre parlare con i vicini e fare gruppo fa risparmiare gli utenti.

Qui il sito:


e qui l'articolo che riporto integralmente

Comunità solari di Gianluigi Torchiani


Così come le cellule si aggregano tra loro per crescere, allo stesso modo i cittadini possono aggregarsi per partecipare attivamente a quella che è una delle più grandi rivoluzioni energetiche del nostro tempo, quella delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Questo il presupposto che ha ispirato, a partire dal 2010, il progetto della Comunità Solare.  In buona sostanza, l’obiettivo è promuovere e coordinare la nascita di associazioni locali (le Comunità Solari), quali strumento di partecipazione collettiva per la riduzione dei consumi e la produzione di energia rinnovabile diffusa.
Attualmente hanno preso parte al network i comuni emiliani di Casalecchio di Reno (nella foto l’impianto gestito da Geetit Srl e Chiarini&Ferrari), Medicina, Ozzano dell’Emilia, San Lazzaro di Savena, Sasso Marconi, Zola Predosa, ma almeno una ventina di Comuni dell’area sono interessati ad aderire. Come racconta l’ideatore del progetto, Leonardo Setti del dipartimento di Chimica “Toso Montanari” dell’Università di Bologna, nell’ambito della strategia europea al 2050 su clima ed energia, che ha l’obiettivo sfidante di coprire con le rinnovabili la maggioranza del fabbisogno, i Comuni hanno un’evidente responsabilità dal punto di vista attuativo. “Il problema è che questa svolta non può essere demandata soltanto alle amministrazioni pubbliche, i cui consumi costituiscono soltanto una piccola parte di quelli complessivi di una società. È quindi fondamentale coinvolgere la cittadinanza, le imprese, ecc.  Dunque il tema è quello di portare questi attori all’interno di un grande progetto energetico”. Ma come fare se alle singole persone (specie in tempo di crisi) mancano i soldi necessari per effettuare questi investimenti, certo importanti ma non fondamentali nella vita di tutti i giorni? “Anche chi non è grado di investire nelle tecnologie green ed efficienti deve essere messo nelle condizioni di poterlo fare: questo è il concetto di base delle comunità solari.
Si tratta, insomma, di dare vita a una sorta di fondo integrativo per l’energia, che consenta ai partecipanti di avere un aiuto economico nel momento in cui attuano delle iniziative che vanno nella direzione della riqualificazione energetica della casa o nella produzione di energia pulita”, spiega Setti. Ad esempio, assumendo la qualifica di socio sostenitore, quando si acquista un elettrodomestico di classe A si ottiene un contributo che permette di annullare la differenza di prezzo esistente rispetto agli apparecchi di tipo tradizionale. Il passaggio successivo è quello di socio energetico, in  cui entrano in gioco le piattaforme fotovoltaiche di quartiere, ossia impianti a disposizione della comunità solare: “Un cittadino che non ha il tetto ben orientato o che abita nel centro storico, può riservarsi una quota di questi impianti e ottenere uno sconto sulla bolletta energetica in misura proporzionale. Diciamo che, assumendo un consumo annuale di 2.500 kwh, riservandosi 2 kW di fotovoltaico, un socio avrebbe uno sconto sulla bolletta elettrica almeno di 100 euro per 20 anni”. È importante sottolineare come la comunità solare non sia di proprietà del comune, ma dell’insieme dei cittadini che decidono di aggregarsi.  L’amministrazione comunale  ne è dunque in un primo momento promotore, tanto da donare la prima piattaforma fotovoltaica all’associazione, ma poi successivamente ne è soltanto garante. Proprio nel 2014 il progetto delle Comunità solari dell’Emilia Romagna è entrato nella sua piena fase operativa, tanto che sono state create le  prime tre associazioni, con un centinaio di famiglie aderenti, ma entro la fine del 2015 si punta a coinvolgere nel progetto una ventina di associazioni, con un bacino d’utenza di 1.000-1500 persone.

domenica 2 novembre 2014

the wall










Mi ricordo distintamente la mattina del 10 novembre 1989. Già allora come ora trovavo disgustoso guardare i telegiornali, quindi la sera prima ero andato a dormire in tutta tranquillità. 
Ma quella mattina il frastuono della notizia era inevitabile. ..... e incredibile.
Rimasi almeno dieci minuti con il pane e marmellata in mano, la bocca spalancata e lo sguardo bloccato sulle immagini che scorrevano.

Incredibile.
In una notte erano cambiate le carte geografiche. 
Allora proprio tutto era possibile. 


domenica 12 ottobre 2014

il museo che non si vede

LOUVRE LENS
(France)

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Nel profondo nord della Francia è aperta da un paio d'anni la dépendance del Louvre parigino. La strategia è la stessa inaugurata con il Guggenheim di Bilbao: portare un marchio culturale di successo in un'area depressa per convertirne l'immagine e stimolare la ripresa economica.
Il paesaggio in cui si inserisce il progetto di SANAA è quello morbidamente ondulato del Pas de Calais, punteggiato saltuariamente dai formidabili terrils: piramidali accumuli di scarti di lavorazione delle miniere che sono state per decenni l'unico motore dell'economia locale.

Il sito del museo è su una piccola altura e la scelta estetica del progetto si inserisce in maniera sorprendente nelle condizioni ambientali, cromatiche e anche meteorologiche dell'intorno.

L'effetto architettonico è interamente concentrato su un singolo dettaglio: la scelta del rivestimento murario che rimane lo stesso sia per le facciate esterne che per l'interno delle gallerie espositive.
Mi sembra di aver capito che non ci voglia troppa fortuna per arrivare qui in una giornata uggiosa, magari un po' ventosa e spruzzata di pioggia; ebbene, in queste condizioni si capisce come i pannelli in alluminio lucidato, ma non troppo, scelti dai progettisti siano l'elemento che dà il senso a tutto l'intervento.
All'esterno l'edificio sparisce letteralmente, confondendosi con il colore del cielo e riflettendo vagamente la bassa vegetazione scelta dai paesaggisti. All'interno delle gallerie lo spazio viene dilatato verso l'infinito, immergendo le opere ed il visitatore in una nebbiolina trascendentale che ci induce un'indeterminata nostalgia quando, alla fine, siamo costretti ad uscire.

Quando l'architettura non vuole essere arrogante riesce a fare in modo che un muro sia più trasparente di un vetro.


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sabato 4 ottobre 2014

tutto quello che avreste voluto sapere sull'italia* (*ma non avete ma osato chiedere)



Un'oretta di lezione magistrale che parte dai Goti ed arriva alla Democrazia Cristiana offrendo una spiegazione plausibile sull'origine dei vizi nazionali ed un senso leggermente meno trionfalistico sul patrimonio artistico locale.

Philippe Daverio usa la scusa del Barocco romano per trovare le radici e le connessioni della cultura artistica italiana degli ultimi 500 anni.

Divertimento assicurato!

PRIMA PARTE
SECONDA PARTE

Scusate la pubblicità e la naturale ostilità della RAI tv a condividere i suoi video...

domenica 21 settembre 2014

storytelling: il mestiere dell'architetto

Quando spieghiamo agli studenti che l'architettura è diventata per buona parte un processo narrativo è sempre difficile far capire che cosa si intende. 
Per fortuna c'è il solito sbruffone di Bjarke Ingels che si inventa nuovi modi spettacolari per raccontare l'architettura.
Il video qui sotto è tratto dalla raccolta di video paper richiesti a tutti i relatori del summit Future of StoryTelling 2014 che andrà in scena a New York all'inizio di ottobre.
Questa raccolta costituisce una fonte di ispirazione straordinaria per chiunque debba quotidianamente cimentarsi con la spiegazione di progetti e la necessità di catturare un pubblico più o meno distratto.




lunedì 15 settembre 2014

la pelle digitale che riveste le città

da NOVA
di Michael Storper

Uno “strato digitale” che ricopre le nostre città si sta sviluppando. Esso consiste in una diffusa rete di sensori nell’ambiente urbano e domestico, attivati da un complesso sistema di reti di comunicazione mobile che trasmettono in modo automatico e costante i dati degli utenti.
Come ogni nuovo cambiamento tecnologico, numerose sono le predizioni e speculazioni nella discussione pubblica rispetto a queste nuove infrastrutture digitali e alle loro possibilità nello spazio urbano.
La “smart” city viene spesso presentata come “la soluzione” ai problemi sociali, politici ed economici delle città. I sostenitori di questa tesi sono principalmente ingegneri, appassionati di tecnologie e politici locali, i quali si basano in parte su dati reali ed in parte su posizioni normative.
Per ora infatti si rivela una carenza di studi teorici ed empirici che vadano ad indagare in modo più sistematico queste assunzioni.
Dal mio punto di vista, ci con tre aspetti principali della città digitale che rappresentano i punti più salienti della trasformazione: la città digitale come fonte di enormi quantità di dati in tempo reale (i cosiddetti Big Data), i sistemi di gestione della città (che comunemente viene detta “Smart city”), e infine la questione della partecipazione e della governance. Tutto questo porta allo sviluppo di forme di interazione tra cittadini, imprese, organizzazioni pubbliche e private che sembrava semplicemente impossibile solo qualche anno fa.
Se le città sempre più producono grandi quantità di dati, questa disponibilità di informazioni, a livello aggregato o individuale, potrebbe rappresentare una risorsa molto ricca per le scienze sociali e per la maggior comprensione della società. Tuttavia sarà necessario porre un’enorme attenzione all’interpretazione di quanto “dicono” i dati, e non lasciarsi guidare da affrettate letture induttive, basate su facili correlazioni: il senso dei dati va cercato ben oltre semplici correlazioni e il ruolo del ricercatore nell’interpretazione dei dati rimane fondamentale.
Inoltre, nell’ambito della pianificazione, il razionalismo modernista ha il più delle volte fallito nella pianificazione di città perfette e pienamente sotto controllo. Allo stesso modo il tecnicismo della smart city che ci promette di risolvere gran parte dei problemi urbani non può non tenere in conto la complessità dell’ambiente urbano che male si adatta a un eccessivo controllo o a una gestione totale. Un ulteriore esempio deriva dalla retorica che le nuove tecnologie saranno in grado di ridurre le disuguaglianze tra i luoghi (che siano essi città, regioni o nazioni). Il fatto che viviamo in un “flat world” in cui non esistono distanze non trova però supporto nelle ricerche empiriche sulla globalizzazione dell’economia, per cui, invece che scomparire, le gerarchie tra luoghi si accentuano. Non abbiamo modo di pensare che la rivoluzione digitale possa essere in grado di annullare le differenze, piuttosto di accentuarle, dato che i luoghi più avvantaggiati saranno anche quelli in cui le risorse saranno meglio gestite e in cui la tecnologia verrà usata al meglio.
Le nuove tecnologie permettono una rappresentazione digitale della città, visivamente attraverso immagini e mappe e a livello informativo nella forma di liste, raccomandazioni, categorie di tutto ciò che esiste nell’ambiente urbano. Le informazioni che raccogliamo nella città e sulla città non solo sono sempre più spesso raccolte attraverso le nuove tecnologie e sempre meno parte di un’informazione circolante in reti sociali tradizionali, ma inoltre queste informazioni circolano su piattaforme di proprietà di singole imprese private.
Lo strato digitale delle città è quindi strutturato e plasmato dagli algoritmi e dallo stile di presentazione di grandi imprese private. Il modo in cui queste grande imprese decidono di strutturare l’esperienza online della città attraverso il filtraggio di informazioni per esempio, è molto simile al modo in cui l’algoritmo di ricerca di informazioni di Google influenza il nostro accesso all’informazione.
Come nel passato, la sfida per gli studiosi di questo nuovo fenomeno è di prendere seriamente il potenziale di questa trasformazione, evitando visionarie rappresentazioni di un possibile futuro, tenendo quindi saldi chiarezza e realismo.
Lo strato digitale è quindi un nascente insieme di tecnologie. Essendo ancora agli arbori del suo sviluppo, è un momento perfetto per studiare le sue potenzialità e i suoi effetti.
Esperti di tecnologie, dipendenti pubblici, attori privati e pubblici, sono tutti chiamati a ragionare su come questo nuovo strato digitale della città può migliorare la qualità della vita delle persone, nonostante altre questioni stiano emergendo, come per esempio nuovi poteri, nuove ambizioni, nuove competizioni. Se vogliamo che questa trasformazione migliori effettivamente le nostre condizioni di vita, è necessario uno studio empirico rigoroso dei processi e degli effetti dello strato digitale della città, e questo studio può seguire le linee identificate dalle scienze sociali.


Michael Storper discuterà di questi temi lunedì 15 settembre con un doppio appuntamento a Milano all’interno di Laboratorio Expo, il progetto di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Expo Milano 2015.
Alle ore 10 alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (via Romagnosi, 3) e alle ore 17,30 in un seminario dal titolo “Makers and the city: comunità locali e connessioni digitali” presso We Make, via Stefanardo da Vimercate 27/5. Per info: www.fondazionefeltrinelli.it

venerdì 12 settembre 2014

martedì 13 maggio 2014

casa Minghetti Rossi



Grazie alle giornate SIA dell'architettura e dell'ingegneria contemporanee i committenti, ed abitanti, della casa Minghetti Rossi hanno aperto l'accesso all'abitazione in cui risiedono ormai da due anni. Sulle pendici scoscese del versante settentrionale della piana di Magadino si è potuta ammirare un'architettura dalla nitidezza ammirabile, impreziosita da alcuni azzardi strutturali non banali.


ArchitettoArchitetti Baserga Mozzetti, Muralto
Ingegnere civileIngegneri Pedrazzini Guidotti Sagl, Lugano