lunedì 1 novembre 2010

forte a venezia

let's come together
right now
oh yeh
in sweet harmony

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Alcuni anni fa ho assistito ad una conferenza dell'architetto svizzero Jacques Herzog, che insieme al suo socio Pierre de Meuron conduce uno studio che si trova senza dubbio nella top 10 fra i più venerati e pubblicati al mondo.
Davanti ad una domanda molto nervosa di uno studente italiano sullo scarso impegno sociale che il suo studio sembrava dimostrare, Herzog, un po' sorpreso, rispose all'incirca: “Noi facciamo politica facendo il nostro mestiere. Ogni nostro progetto è un gesto fortemente politico che intende migliorare il mondo!”.

La nuvola di insensatezze che ci gira intorno e che, quasi senza che noi ce ne accorgiamo, diventa fondativa di comportamenti sociali autoreferenziali, inutili o anche dannosi, può far dimenticare che sarebbe sufficiente che ognuno di noi, secondo le proprie competenze, facesse il suo mestiere in modo corretto, ricordando che ogni gesto ha una ricaduta immediata ma anche una a lungo termine, per poter realisticamente immaginare una società paradisiaca, alla mulino bianco...

Partendo sicuramente da questa idea, una minuta signora giapponese dal fascino strabordante, ha deciso di intitolare la 12° Biennale di architettura che si chiuderà il 21 novembre a Venezia: people meet in architecture (la gente si incontra nell'architettura).

Kazuyo Sejima pochi giorni dopo essere stata incaricata della direzione dell'edizione 2010 della mostra veneziana, ha anche vinto, insieme al suo collega nello studio SANAA, Ryue Nishizawa, il premio Pritzker, che è il maggior riconoscimento al quale un architetto possa ambire, ma del quale non aveva più di tanto bisogno per essere inclusa nella top 10 di cui si parlava prima.

Passeggiando per gli affascinanti edifici dell'Arsenale e dei Giardini non sembra però che la maggioranza degli architetti invitati abbiano raccolto l'intento civile e poetico implicito nel titolo. Molti progetti e installazioni presenti, pur se interessanti e a volte sorprendenti, finiscono col perdere il filo del discorso.
Fra gli esempi che invece dimostrano le possibilità dell'architettura come strumento di accumulazione culturale si riconoscono due progetti:

- il primo è (ovviamente?) proprio dello studio SANAA ed è il Rolex Learning Center del Politecnico di Losanna. 

 
Questo maestoso edificio che appare come una morbida coperta bianca che protegge studenti, congressisti e visitatori che vi sono ospitati, è presentato in tutta la sua spettacolarità, immediatamente dopo l'ingresso della mostra, con un travolgente video tridimensionale che ne illustra la complessità degli spazi e la capacità di attrarre dentro di sé e fare incontrare funzioni che normalmente resterebbero separate.

- per vedere il secondo edificio invece bisogna camminare molto: si trova nell'angolo più lontano del padiglione italiano che, a sua volta, è il più lontano nel complesso dell'Arsenale. Una ventina di minuti a piedi fra bacini d'acqua e darsene dismesse per poi attraversare la grande sala che raccoglie i progetti italiani selezionati da Luca Molinari e scoprire, in un angolo, le immagini di un piccolo edificio bianco (64 metri quadrati in tutto) progettato da TAMassociati di Venezia per Emergency. 

E' il padiglione di meditazione e preghiera costruito per i parenti dei malati dell'ospedale cardiochirurgico Salam di Khartoum. L'edificio, formato da due sale cubiche, appare sospeso su una vasca d'acqua che arriva dal Nilo, che scorre a poche centinaia di metri. I progettisti lo descrivono così:

Il Sudan è un paese che nel corso degli ultimi vent’anni è stato flagellato da numerose guerre inter-etniche ma soprattutto inter-religiose. Quando ci siamo trovati a dover pensare ad un luogo che ospitasse la preghiera, com’è consuetudine avvenga in qualunque luogo di cura, ci siamo dovuti confrontare con questo difficile dilemma: pensare uno spazio che potesse ospitare la complessità spirituale che alberga in questo paese. La scelta è stata quella di non privilegiare alcuna forma di culto ma di creare uno spazio capace di ospitare la preghiera e meditazione di tutte le fedi. Abbiamo dovuto, ovviamente, confrontarci con la religione mussulmana che è la fede professata dalla maggioranza dei Sudanesi e con le regole imposte da questo culto (le abluzioni, la separazione uomini donne) ma abbiamo calato queste regole in un contesto neutro che non le rendesse dominanti. La cosa è stata possibile occultando tutti i simboli e gli elementi religiosi che potessero essere ricondotti ad un’unica religione.

Uff...
Così tante possibilità di incontrarsi e così poche architetture in cui farlo!

1 commento:

  1. Ce qui compte c'est de faire son devoir .... L'importante è far bene il proprio dovere(Camus - La Peste ...ma prima di lui Corneille)

    Camus esprime il suo punto di vista nei confronti dell'assurdità. Per lui l'unica possibilità di superare l'assurdità nell'esistenza umana è la rivolta. Ma la rivolta si attua accettando il mondo e la vita, perchè non si ha la possibilità di cambiare qualcosa in un mondo fatto di materia e di fatti. Si deve trovare un dovere, una cosa da fare, non importa quale, l'importante è che ci sia passione e consapevolezza. Questo "dovere" è comunque inutile, perchè il mondo è invariabile, ma con l'intensità della vita, l'uomo realizza se stesso. Dunque, per Camus, la quantità e l'intensità delle azioni sono più importanti della qualità. (www.zum.de/Faecher/F/NS/anders.htm)

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