“..Cosa? E' finita? Hai detto finita? Non finisce proprio niente se non l'abbiamo deciso noi! E' forse finita quando i Tedeschi hanno bombardato Pearl Harbour?... Col cazzo che è finita!”
“...i Tedeschi?!?”
“Lascialo perdere... è partito!”
“.. e qui non finisce perché quando il gioco si fa duro......
...i duri cominciano a giocare!”
Bluto - Animal House
Ogni volta che compriamo un prodotto in un negozio mettiamo in moto dei meccanismi economici ma anche politici dei quali difficilmente ci rendiamo conto. Solitamente scegliamo in funzione del negozio (vicino, economico, bello, nuovo, commessa carina... ecc...) o del marchio (storico, economico, lussuoso, pubblicizzato da modella carina... ecc...). Negli ultimi decenni si è sviluppata un progressiva e condivisa distanza fra il valore reale del prodotto (sia materiale che tecnologico) ed il prezzo a cui viene proposto sul mercato.
I prodotti meno costosi sono molto spesso realizzati o assemblati in estremo oriente ed il motivo è noto a tutti: capita che da quelle parti non si abbia un grande riguardo per i diritti civili e questo fa sì che un paio di scarpe che in Europa costano 150 o 200 euro vengano pagate pochi centesimi di dollaro all'operaio che le produce e se non chiamiamo questa schiavitù è forse più per pudore che per reale presa di coscienza dello stato delle cose. Questa caccia alla mano d'opera a bassissimo costo è una delle cause del declino dell'industria in occidente e anche di una serie di effetti collaterali economici, sociali e anche architettonici.
Le fabbriche in cui si costruiscono effettivamente oggetti dalle nostre parti sono in via di estinzione mentre quelle dismesse si moltiplicano per poi sparire lentamente o diventare, ancora più lentamente, oggetto di riuso.
Il mondo Occidentale sembrerebbe essersi specializzato nella produzione di servizi immateriali (fantasmi?) e al vertice di questo sistema produttivo si è installata in pochi anni Google che per dare identità alle proprie sedi nel mondo le ha trasformate in grandi parchi di divertimento (sale gioco, impianti sportivi, centri benessere, ecc) aperti giorno e notte, senza orari fissi, dove l'unico punto fermo è la data di consegna dei progetti. Sembra che questa politica stimoli oltremodo la creatività dei dipendenti che trascorrono la maggior parte della loro esistenza all'interno dell'azienda anche se qualcuno inizia a lamentare una carenza di contatti con il mondo esterno...
A Settimo Torinese si è riusciti invece ad invertire, per una volta, questo processo di smaterializzazione grazie alla strenua volontà di un sindaco che è riuscito a coinvolgere i soggetti giusti non solo per evitare che il locale stabilimento della Pirelli Pneumatici diventasse l'ennesimo rudere da rivendere all'ennesimo speculatore che ci costruisse l'ennesimo inutile quartiere residenziale di lusso, ma per trasformarlo in quello che fra pochi mesi diventerà una della fabbriche più tecnologicamente evolute in Europa. Insieme al Politecnico di Torino e alla Regione Piemonte è stata costruita una proposta che, non senza un lungo confronto, è risultata vantaggiosa per tutte le parti in causa; tutti insieme hanno poi chiesto all'architetto Renzo Piano un progetto di valorizzazione e ampliamento dell'impianto esistente in grado di far parlare di sé e di garantire la conservazione di 1240 posti di lavoro, che includerà anche un centro ricerche all'avanguardia.
Forse sto facendo un paragone un po' blasfemo, ma a cinquant'anni esatti dalla morte di Adriano Olivetti, che aveva trasformato Ivrea in un modello di organizzazione sociale, assisteremo forse di nuovo ad un piccolo esempio di imprenditoria che si fa carico di coniugare il rispetto sociale con il tornaconto.
Lavorare stanca ma lavorare insieme alle persone giuste stanca un po' di meno e dà buoni frutti.
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