C'è
una scena nel film Transcendence (2014),
in cui Morgan Freeman pone una questione fondamentale ad una
macchina, che non è altro che l'intelligenza artificiale migrata dal
defunto Johnny Depp:
-
"Puoi provare di essere consapevole di te stesso?" (can
you prove you're self aware?)
Johnny dallo schermo ad alta definizione sogghigna e risponde:
-
"E' una domanda difficile. Tu puoi provare di esserlo?..."
Per
un'intelligenza artificiale questo è un problema ineludibile; è la
soglia prima della quale ci si trova davanti ad un computer e oltre
la quale si apre uno scenario che la fantascienza sta provando a
delineare da alcuni decenni.
Ma per un'intelligenza naturale, per un essere umano, è così diverso? La consapevolezza di noi stessi e di quello che ci circonda è un'operazione scontata?
Anche questo non è un tema nuovo per letteratura e cinema che da Frankenstein a Blade Runner ci stanno chiedendo se il modo di vivere di alcuni esseri umani non sia ancora meno evoluto di un rudimentale esperimento di individuo artificiale.
Ma per un'intelligenza naturale, per un essere umano, è così diverso? La consapevolezza di noi stessi e di quello che ci circonda è un'operazione scontata?
Anche questo non è un tema nuovo per letteratura e cinema che da Frankenstein a Blade Runner ci stanno chiedendo se il modo di vivere di alcuni esseri umani non sia ancora meno evoluto di un rudimentale esperimento di individuo artificiale.
Il mio lavoro mi porta a riflettere su come configurare lo spazio e quindi come deformazione professionale continuo a guardarmi intorno per capire come gli individui ed i gruppi di persone occupano e si muovono nello spazio.
Mi sembra di aver capito che questo movimento avviene secondo due modalità:
1.
Quando le persone si muovono o sostano senza pensare a quello che
stanno facendo, si comportano come animali, usano l'istinto e alla
fine prediligono sempre comportamenti che garantiscono la sicurezza e
l'auto-conservazione. Sono sempre meravigliosamente affascinato da
come nei luoghi affollati le persone tendano naturalmente ad occupare
i corridoi, le strettoie e comunque quelle zone di spazio che
impediscono il passaggio e permettono di "controllare il
territorio": le soglie delle porte ed i luoghi rialzati
divengono rapidamente aree da presidiare benché questo causi un
evidente intralcio al movimento degli altri. La lotta per la
sopravvivenza è sempre in corso ed il branco deve essere tenuto
sotto controllo!
A
questo proposito mi piace sempre raccontare agli studenti come Craig
Dykersdello
studio Snøhetta,
spiega il progetto di pedonalizzazione per Times Square a New York il
cui intento è proprio quello di evitare che le persone sostino nelle
zone in cui possono intralciare il passaggio.
“But I think consciousness is a small part of who we are. I have a friend who had a sheepdog, and he said whenever he had a party it would herd the guests. It would tap their ankles or their knees, until, by the end of the evening, everyone at the party was in one corner. The dog was happy, but the important thing was that nobody noticed. As architects, I think, we have to try to be like the sheepdog at the party.”
Esiste
un modo istintivo di rilevare ed usare lo spazio che non viene da
quello che sappiamo ma da quello che i nostri sensi percepiscono.
2.
Quando le persone, che non fanno il mio mestiere, iniziano a pensare
coscientemente allo spazio in cui vivono lo caricano di significati e
di simbolismi per impossessarsene e trasformarlo in un tassello che
definisce la loro identità.
Ovviamente
anche questo aspetto è ineludibile, e, anzi, è l'essenza stessa del
fare architettura: a partire dagli allineamenti di menhir, passando
per la "pietrificazione" della capanna lignea che ha
generato gli ordini architettonici classici, fino all'iper-tecnicismo
dei grattacieli che sfidano le leggi della statica al servizio della
corporate identity.
Il
progetto architettonico ed urbano si deve occupare di entrambi gli
aspetti.
Se
però ci si convince che un edificio è fatto solamente della seconda
parte, che possiamo chiamare culturale,
inizia a formarsi uno
scollamento fra il modo di pensare dei committenti e quello dei
progettisti che si allarga fino ad indebolire pesantemente l'autorità
professionale di questi ultimi: il pensiero comune è che gli
architetti si occupino di cose sfuggenti e poco concrete di cui si
può tranquillamente fare a meno.
Questo
pensiero è poi supportato dalla pletora di tecnici che lavorano
intorno al progetto, e che per statuto professionale non si devono
occupare della configurazione dello spazio e ne ignorano l'importanza
o addirittura l'esistenza.
La
conseguenza di ciò sono le case in cui tutte le funzioni sono
perfettamente incastrate ma in cui la tristezza regna incontrastata;
sono gli uffici in cui i cablaggi sanciscono la posizione delle
scrivanie (e non viceversa); sono le cucine in cui il progetto si
fonda sulla dimensione (smodata) del frigorifero; sono le piazze che
si disegnano intorno al passaggio giornaliero dell'automobile del
sindaco...
La
gerarchia dei valori non contempla più le soluzioni spaziali
elementari che ci fanno riconoscere come capolavori alcuni edifici
del passato e che sono proprio le cose sfuggenti a cui pensiamo noi
progettisti: l'ordine, il controllo della luce, la scoperta nei
percorsi, l'apertura di viste privilegiate e la gestione delle
emozioni. Uno spazio che produce emozioni è architettonico.
Al
momento è drammaticamente difficile far passare questi concetti al
grande pubblico e per tutti il bravo progettista è sempre solo
quello che fa si che i battiscopa non si stacchino dopo 6 mesi. La
cultura ingegneristica ha preso il sopravvento ed è diventato
complicato anche solo comunicare il malessere che una scorretta
configurazione spaziale può provocare.
In
questi giorni Google ha messo in commercio un tablet
che percepisce lo spazio: è in grado di capire e memorizzare le dimensioni della
stanza in cui si trova con la possibilità di visualizzzare al suo interno dei nuovi
oggetti tramite la realtà aumentata. Si chiama ProjectTango
ed è stato sviluppato principalmente come sistema di controllo per
robot e per il gaming;
nei prossimi mesi sono previsti sviluppi che possono diventare
rivoluzionari per chi progetta lo spazio.
Abbiamo
macchine che sono consapevoli dello spazio in cui si trovano.
Si
può dire altrettanto degli esseri umani?