Nelle due ultime serate sono stato, nell'ordine, a expo 2015 e ad uno spettacolo teatrale intitolato “NAZIONALPOPOLARE” al teatro Ringhiera nella periferia sud di Milano. Lo spettacolo racconta le riflessioni semiserie dell'autrice/protagonista, Serena Sinigaglia, su un tema che mi coinvolge da sempre: il rapporto fra la cultura alta e quella popolare.
Posso tranquillamente affermare che negli ultimi 25 anni non ho fatto altro che pensare a questa cosa!
Non ininterrottamente, grazie a dio. Ma sovente e professionalmente.
Traduco la questione negli argomenti a me più vicini: mi ha sempre scocciato assai la distanza evidente fra quello che fanno e pensano gli architetti e quello che tutti gli altri pensano dell'architettura, arrovellandomi saltuariamente nella ricerca di fantasiosi ed infantili stratagemmi che potessero ridurre questa separazione.
E allora la mia tesi di laurea si occupava di questo attraverso un progetto che cercava di essere colto e popolare allo stesso tempo; la mia tesi di dottorato parlava di questo: una ricerca storica durata tre anni che voleva capire se l'estetica delle città italiane derivasse da un movimento spontaneo dal basso o da normative imposte dall'alto; ogni lezione o revisione che faccio agli studenti di architettura finisce col parlare di questo: se il progetto architettonico possa essere autoreferenziale o debba parlare a tutti quanti.
Io non ho dubbi che la risposta giusta sia la seconda.
Ma il bello spettacolo di ieri sera mi ha dato nuove pezze d'appoggio che da oggi potrò usare per le conversazioni nei salotti buoni se mai vi sarò invitato.
Si cita Gramsci ma si prende in giro Sciascia; si maledice Berlusconi ma si constata l'inevitabilità dell'isola dei famosi; si dà la colpa di tutto a Pippo Baudo ma lo si mette sullo stesso piano di Shakespeare.
Non riesco a raccontare tutto quello che succede, anche perché consiglio di andarlo a vedere di persona, ma posso fortunatamente affermare con soddisfazione che lo spettacolo di ieri ha involontariamente dipanato tutti i miei dubbi su expo!
La sera prima ero tornato a casa da Rho portandomi dietro parecchia insoddisfazione.
Avevo comprato il mio biglietto online con fretta e trepidazione e mi ero avvicinato bramoso all'ingresso dei metal detector come pinocchio che avvista il paese dei balocchi.
Ma già dopo un paio d'ore è uscito il peggior snob che c'è in me e mi si è disegnato un punto interrogativo sulla faccia:
“tutto qua?!?”
Baracconi, lucine colorate, ragazze scollate e badilate di retorica? Uno che conosco avrebbe detto “molto rumore per nulla”...
Poi stamattina, mentre masticavo pane e marmellata ripensando al nazionalpopolare mi si è attivato il neurone ed i collegamenti si sono chiusi!
Expo è Pippo Baudo che grida SIGLA!
E' la Clerici che mostra le sue tettone!
Ed è giusto che sia così. E' un mercato come un altro dove ognuno usa i suoi sistemi migliori per tirar su moneta e mi ero sbagliato io ad aspettarmi qualcosa di diverso.
Ma il nazionalpopolare buono e giusto, come quello della definizione di Gramsci, non lo troviamo nelle luci di expo. La cultura alta che piace a tutti devo essere bravo a distinguerla da me o a farmela indicare da chi ne sa più di me.
Certamente la trovo nel produttore di Franciacorta che si fa un culo come una capanna per dare alla luce il suo fenomenale rosé e che, mentre me lo versa, racconta che la cantante dell'Azerbaijan che sta lì nel padiglione di fianco, sarà anche carina, ma canta in playback da mattina a sera col volume smodato, e dopo 6 giorni lui non la regge già più, e figuriamoci sopportarla ancora per 6 mesi....
Fatico un po' a trovarla, ma alla fine ci riesco, nel sopraffino padiglioncino della biodiversità (commovente).
Ovviamente la trovo nelle 1000 biciclette elettriche che da stamattina sono infilate nei bike sharing della città, e soprattutto nella quarantina di stazioni nuove e particolarmente in quella che hanno messo sotto al mio studio (che dio li benedica e speriamo che funzioni il software che al momento mi sembra che perda colpi. Ma basta che lo dicano che gli do un santino di san Ghiso e tutto va in ordine).
Più che mai la vedo nella Metropolitana 5 che da una settimana ARRIVA A S.SIRO (quasi non riesco a dirlo mi viene un groppo alla voce. Che se qualcuno la userà magari si potrà pensare di uscire vivi da quella parte di città anche senza controllare il calendario della FIGC).
Senza dubbi la vedo nella coda di 1 ora e mezza per vedere il nuovo museo della pietà Rondanini al Castello (anche se, come dice la Gioia, l'allestimento vecchio era insuperabile).
Eppoi nell'Orticola ai giardini di Palestro e nel salone nautico alla darsena di oggi.
E ancora nel sito di Pianocity che dopo 6 ore che era aperto mi diceva che tutti i concerti nelle case erano già stati prenotati (che io ne ho prenotato in fretta uno qualsiasi ma mica ho capito se la prenotazione è andata a buon fine. Lo scopriremo solo vivendo...).
Lo spettacolo di ieri sera si concludeva dimostrando che, alla fine del 16° secolo, il pubblico di Shakespeare era formato da nobili, re e regine, ma anche da carrettai, mendicanti e massaie che durante le rappresentazioni piangevano, ridevano e gridavano la loro approvazione o il loro dissenso.
Probabilmente senza quel pubblico Shakespeare non sarebbe stato così grande.
Probabilmente solo un grande pubblico potrà tirare fuori quel che c'è di buono in expo.
SIGLA!!
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