Gli sedeva accanto una giovane donna. Una donna dalla chioma d'una bella sfumatura tizianesca, dal sorriso remoto sulle labbra; le fasciava le spalle un mantello di visone azzurro che quasi faceva sembrare la Rolls Royce un'automobile come tutte le altre.
Quasi ma non del tutto.
Nulla può riuscirvi.
Nulla può riuscirvi.
Raymond Chandler, Il lungo addio, 1953
Quando nasciamo facciamo una fatica infernale a costruire il rapporto fra noi e gli oggetti che ci circondano.
Bisogna capire cosa toccare....., cosa mangiare....., cosa usare per costruire altri oggetti....
Poi quando iniziamo a capire quello che ci viene detto ci si mette in mezzo anche la cultura che, chi ci vuole bene, desidera inculcarci. E allora gli oggetti acquisiscono anche un significato ed un valore che non dipendono né da noi né dall'oggetto in sé, ma dalla fiducia che diamo al sapere degli altri.
Poi ci sono degli oggetti speciali che chiamiamo luoghi, che impariamo a riconoscere e ad amare perché ci ricordano dei momenti piacevoli e finiamo per tornarci molto spesso, e allora li chiamiamo casa.
Molto spesso diamo loro una forma adatta a contenere molti oggetti ai quali la nostra cultura dà valore.
Se ci affezioniamo troppo a questo stato di cose nasce la paura di perdere questi oggetti o peggio, che questi ci vengano tolti, e allora ci si mette d'accordo con altri come noi per difendere i nostri oggetti e quindi nascono i circoli ARCI, le città, le Nazioni Unite.
Ecco....
Se negli ultimi tempi vi è capitato di passare per qualcuno dei palazzi delle Nazioni Unite e, per pura coincidenza, vi è saltato in mente di chiedere informazioni sulle isole Marshall agli impiegati che avete incrociato, avrete avuto come risposta sguardi rivolti alla punta delle scarpe, frasi di circostanza e silenzi prolungati.
Uomini tutti d'un pezzo che sanno immediatamente prendere posizione a fronte di rivoluzioni, dittatori e SUV in doppia fila ..... si trovano in totale imbarazzo a decidere cosa succederà di una nazione di cui sta per scomparire il suolo.
Le Isole Marshall sono uno stato indipendente che si trova in mezzo all'oceano Pacifico, equidistante, a circa 3000 km, dal Giappone, dall'Australia e dalle Hawaii.
Il punto più elevato dell'arcipelago di atolli che le costituisce è di 10 metri sul livello del mare e la maggior parte del loro territorio si trova intorno ai 2 metri sul livello del mare.
Si prevede che entro i prossimi 50 anni tutti gli oggetti che si trovano sulle isole, e anche tutti i luoghi, e anche tutte le case, e i soprammobili e i Mc Donald's e i SUV in doppia fila saranno sommersi dall'oceano che si sta poco alla volta innalzando a causa dello scioglimento dei ghiacci.
L'economia di questo Stato è molto florida grazie ai diritti di pesca che si estendono su 2 milioni di chilometri quadrati e anche ai diritti minerari sottomarini. La cultura locale è fortemente legata a quella degli Stati Uniti (di cui è stato una colonia fino al 1986) ma si parla anche il tedesco e il giapponese.
Le Nazioni Unite possono vantare regole molto chiare per le popolazioni profughe di guerra ma non esiste una legislazione che riguardi la sparizione fisica di uno stato.
Cosa succederà dei Marshallesi (sarà giusto?!)? I loro figli avranno una cittadinanza e una bandiera pur abitando altrove?
Non è interessante qui soffermarsi più di tanto sulle implicazioni politiche dell'evento (anche se, da distante, sembra più una questione commerciale), quanto riflettere sullo sconfinato peso della cultura materiale per la definizione dell'identità di un gruppo sociale.
Per difendere le cose si costruiscono musei, muri, si fanno guerre, si costruiscono monumenti (che sono oggetti che raffigurano altri oggetti piazzati nel mezzo delle città, che sono anch'esse degli oggetti), ma in definitiva, come accade per le popolazioni nomadi, la cultura dei Marshallesi sopravviverà alla sparizione del loro luogo solo se saranno loro a volerlo, così come è accaduto per gli Ebrei senza Israele, i Palestinesi con Israele o per i Tibetani senza uno Stato.
La cultura è fatta dai rapporti fra le persone e perdura nel tempo grazie alla solidità di questi rapporti. Se la comunicazione fra le persone viene a mancare anche tutto quello che noi chiamiamo cultura materiale finisce col diventare materia inanimata.
A proposito di appartenenza al territorio e suoi annessi e connessi, e in particolare le guerre ...e qui divago un po'.
RispondiEliminaChi non ha applaudito alla straordinaria e commovente esibizione di Benigni sull'inno di Mameli al Festival di S. Remo di quest'anno?
...eppure
..eppure, nonostante la formidabile potenza emotiva del monologo a cui tutti abbiamo attribuito un significato positivo e condivisibile, non ci si può sottrarre all'evidenza che il raggiungimento della nostra indipendenza si è attuato attraverso una plurisecolare serie di conflitti armati...
..ora, forse prenderò un abbaglio, ma come lo spiego che grazie ad una catena interminabile di guerre abbiamo potuto fondare una Costituzione in cui, all'articolo 11, dichiariamo che ripudiamo la guerra?
..non è per aprire un dibattito infnito, per carità, e forse il mio è proprio un granchio di quelli grossi ...certo però che chi scriveva "la storia insegna soltanto una cosa: che non insegna nulla", un certo Hegel se non sbaglio, forse qualcosa l'aveva imparata davvero
ehm... la mia idea di civiltà si basa sull'EVOLUZIONE delle modalità di convivenza. Un certo Arthur Clarke spera che arrivi un monolite dallo spazio che faccia esperimenti nei nostri cervelli e ci faccia fare un salto di qualità... ma anche più semplicemente limitare le cazzate potrebbe essere un buon inizio di accrescimento interiore e collettivo
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